Vista Paradiso
Non c'azzecca con questo blog , ma per evitare di perdere questa chicca di Massimo Gramellini che evoca lo spirito di Gianni Brera su "La Stampa" del 9 Lug 06......
Dal paradiso degli aedi dello sport riceviamo e volentieri pubblichiamo.
«Vedrò la disfida di Berlino in compagnia dei miei sodali Pindaro e Osvaldo Soriano, disgraziatamente astemi, cullandomi nella speranza che prima dell'inizio ci raggiunga Nereo Rocco con un reperto prezioso della sua cantina. Nell'attesa ostento la stucchevole tranquillità del loico. Lo stadio che fu dell'omarino Hitler non è tale da sconquassarmi di fisime oltre il lecito, Gli azzurri vi hanno già vinto una finale, quella delle Olimpiadi del 1936, risolta da una doppietta di Frossi. L'Austria, nostra avversaria, giocava un calcio migliore e perciò si deve doppiamente considerare il merito degli italiani: di vincere quando si è superiori sono buoni tutti.
La Francia ha sempre fatto fatica a comprendere la bontà di questo semplice assunto. Fin dal primo incontro, che ebbe luogo all'Arena di Milano, i galletti si rivelarono nettamente più abili come giocolieri, ma la loro innata presunzione li indusse ad attaccare e a scoprirsi. Dico, un giulebbe. L'Italia segnò in contropiede lo sproposito di sei gol, tre dei quali con l'interno sinistro Lana, nella posizione oggi occupata da Del Piero, che da quanto sento dire quassù potrebbe subentrare nel secondo tempo per ergersi a eroe eponimo della partita.
Giungiamo alla finalissima sulle spalle di una formidabile difesa, come è vero che le squadre, al pari delle case, si costruiscono dalle fondamenta. Marcello "Von" Lippi, toscano di chiara ascendenza longobarda (non era la lippa il calcio dei padani più poveri?), attingerà al sano pragmatismo degli avi nel predisporre la tattica. Lasciamo che la furia degli Henry e dei Ribery si scateni in un subisso di girandole inciuccanti. Che i funamboli transalpini, ritenendosi da molto, ci attacchino a briglia sciolta e danzino sulla palla a miracol mostrare. Tempo verrà per uccellarli in contropiede, orchestrati dall'alluce sapiente di Pirlo e dalle rasoiate di Totti, il quale è vivamente pregato di togliere il ditino dalla bocca e ricordarsi che nelle vene gli scorre il sangue ostrogoto di re Totila, suo capostipite.
Zidane, lui farà meglio a guardarsi dalla schiuma di Gattuso, un traccagno mai morto nel quale rivive in chiave meridionale la costante praticità dei padani, non aliena dalle rudezze virili. Anche Cannavaro, scugnizzo di lombi asburgici, saprà esaltarsi nei sublimi acciaccapesta che si consumeranno davanti ai pali del magnifico Buffon. Stiamo raccolti e giochiamo a fiondare subito avanti. I cugini d'Oltralpe sono forti, ma sollevano polvere e sono tanto sbruffoni. Resto convinto che gliene possiamo dare, se non ci illudiamo di imitarli spandendo fumo.
Ho letto di quel frillo adorabile di Platini, che dopo aver dichiarato che la Francia è più forte di noi, si spinge fino ad augurarsi: vinca il migliore. "Sperem de no", gli risponderebbe il mio amico Rocco. A proposito, eccolo che arriva con un gotto di rosso, due bicchieri e la solita boccuccia a cippirimerlo. Adesso siam pronti per davvero. Non rimane che affidarsi alla Dea Eupalla. Ci deve ancora ricompensare dello scempio patito agli Europei del Duemila, quando un sinistro destrorso di Del Piero lambì il palo e da un 2 a 0 in nostro favore si passò al pareggio e poi alla sconfitta nel frullare di pochi istanti. Che all’Achille juventino restituisca stasera la lancia Pallade Atena. E le troiane porte Scee e la porta di Barthez si confondano infine nel cervello estasiato di tutti».
Dal paradiso degli aedi dello sport riceviamo e volentieri pubblichiamo.
«Vedrò la disfida di Berlino in compagnia dei miei sodali Pindaro e Osvaldo Soriano, disgraziatamente astemi, cullandomi nella speranza che prima dell'inizio ci raggiunga Nereo Rocco con un reperto prezioso della sua cantina. Nell'attesa ostento la stucchevole tranquillità del loico. Lo stadio che fu dell'omarino Hitler non è tale da sconquassarmi di fisime oltre il lecito, Gli azzurri vi hanno già vinto una finale, quella delle Olimpiadi del 1936, risolta da una doppietta di Frossi. L'Austria, nostra avversaria, giocava un calcio migliore e perciò si deve doppiamente considerare il merito degli italiani: di vincere quando si è superiori sono buoni tutti.
La Francia ha sempre fatto fatica a comprendere la bontà di questo semplice assunto. Fin dal primo incontro, che ebbe luogo all'Arena di Milano, i galletti si rivelarono nettamente più abili come giocolieri, ma la loro innata presunzione li indusse ad attaccare e a scoprirsi. Dico, un giulebbe. L'Italia segnò in contropiede lo sproposito di sei gol, tre dei quali con l'interno sinistro Lana, nella posizione oggi occupata da Del Piero, che da quanto sento dire quassù potrebbe subentrare nel secondo tempo per ergersi a eroe eponimo della partita.
Giungiamo alla finalissima sulle spalle di una formidabile difesa, come è vero che le squadre, al pari delle case, si costruiscono dalle fondamenta. Marcello "Von" Lippi, toscano di chiara ascendenza longobarda (non era la lippa il calcio dei padani più poveri?), attingerà al sano pragmatismo degli avi nel predisporre la tattica. Lasciamo che la furia degli Henry e dei Ribery si scateni in un subisso di girandole inciuccanti. Che i funamboli transalpini, ritenendosi da molto, ci attacchino a briglia sciolta e danzino sulla palla a miracol mostrare. Tempo verrà per uccellarli in contropiede, orchestrati dall'alluce sapiente di Pirlo e dalle rasoiate di Totti, il quale è vivamente pregato di togliere il ditino dalla bocca e ricordarsi che nelle vene gli scorre il sangue ostrogoto di re Totila, suo capostipite.
Zidane, lui farà meglio a guardarsi dalla schiuma di Gattuso, un traccagno mai morto nel quale rivive in chiave meridionale la costante praticità dei padani, non aliena dalle rudezze virili. Anche Cannavaro, scugnizzo di lombi asburgici, saprà esaltarsi nei sublimi acciaccapesta che si consumeranno davanti ai pali del magnifico Buffon. Stiamo raccolti e giochiamo a fiondare subito avanti. I cugini d'Oltralpe sono forti, ma sollevano polvere e sono tanto sbruffoni. Resto convinto che gliene possiamo dare, se non ci illudiamo di imitarli spandendo fumo.
Ho letto di quel frillo adorabile di Platini, che dopo aver dichiarato che la Francia è più forte di noi, si spinge fino ad augurarsi: vinca il migliore. "Sperem de no", gli risponderebbe il mio amico Rocco. A proposito, eccolo che arriva con un gotto di rosso, due bicchieri e la solita boccuccia a cippirimerlo. Adesso siam pronti per davvero. Non rimane che affidarsi alla Dea Eupalla. Ci deve ancora ricompensare dello scempio patito agli Europei del Duemila, quando un sinistro destrorso di Del Piero lambì il palo e da un 2 a 0 in nostro favore si passò al pareggio e poi alla sconfitta nel frullare di pochi istanti. Che all’Achille juventino restituisca stasera la lancia Pallade Atena. E le troiane porte Scee e la porta di Barthez si confondano infine nel cervello estasiato di tutti».
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